Dopo diversi mesi ho finalmente terminato la lettura di Malice – La Guerra degli di, di John Gwynne. Le aspettative per questo libro erano molto alte e sono state totalmente disilluse.
Visti i precedenti con libri che ho comprato e che mi hanno deluso, mi sono informato molto bene prima di comprare questo. Eppure, non l’ho trovato per niente stimolante. Chi lo ha recensito, compresa la critica internazionale, lo paragona al Trono di Spade. Sì, a una brutta copia della saga di Martin.
La trama
L’ambientazione del libro è simile a quella dell’Attacco dei Giganti, la famosissima serie anime e manga che ho trovato a dir poco stupenda. Infatti, il mondo è stato devastato dai giganti che però, a differenza dell’Attacco dei Giganti, sono dotati di intelligenza e sono in grado di realizzare grandi opere. I giganti vennero sconfitti dagli uomini al termine di una sanguinosa guerra che ha trasformato il florido mondo precedente, in un mondo in rovina.
L’equilibrio si rompe non appena creature malvage come i giganti riappaiono in massa, così come altri essere oscuri, quali i wyrm, cioè degli enormi e letali serpenti. Questo è il preludio allo scontro tra le forze del Bene e quelle del Male per il dominio sul mondo.
I problemi
I protagonisti sono tutti dei disadattati. Ultimamente va di moda, specialmente nei fantasy, creare dei protagonisti che hanno la parola “psicolabile” tatuata sulla fronte. Un bel protagonista non deve per forza essere tribolato sino al midollo per motivi futili.
Faccio l’esempio dei due protagonisti: Envis ha dei problemi familiari e di fatto stringe un patto con il demonio per vendicarsi. Corban, invece, è invidioso di tutto e tutti. È un piantagrane incredibile, a cui non va mai bene niente. Con due protagonisti così, senza alcuna complessità, scontati, perdi già lo stimolo a leggere.
Inoltre, non si capisce assolutamente niente almeno per duecento pagine. Quando mi lamento dello show don’t tell c’è un motivo. Prima lo vedevo come il nuovo dio del fantasy, dal punto di vista dello stile narrativo. Peccato che non funzioni nella maggior parte dei casi.
Infatti, in Malice vieni catapultato in una realtà incomprensibile. Non capisci chi sono i personaggi, che ruolo hanno, in che contesto vivano. Non comprendi le ambientazioni, la geografia. Inoltre, l’autore salta di qua e di là, mettendoti in forte difficoltà anche dal punto di vista temporale.
Chi ha letto il mio libro potrebbe obiettare: è esattamente quello che hai fatto tu. Sì, ma con alcune fondamentali differenze, che ho introdotto proprio per guidare il lettore e fargli comprendere gli avvenimenti: ogni capitolo è contestualizzato secondo un luogo e un tempo. In Malice, i capitoli prendono il nome dai protagonisti del capitolo stesso. Per cui ci sono decine di capitoli che cominciano con: “Corban”. Magari fa figo, per l’amore di Dio, ma non si capisce niente.
In secondo luogo, nel mio libro la maggior parte dei luoghi è reale, mentre i personaggi sono più o meno conosciuti, in quanto appartenenti al legendarium della storia umana.
Insomma, il più grande problema del libro è il suo confonderti in continuazione, catapultandoti in una realtà che non comprendi neppure dopo centinaia di pagine. I capitoli sono lunghi e difficilmente accade qualcosa di interessante. Sono molto introspettivi e poco pragmatici. Quando leggi un libro di più di 700 pagine, è dura arrivare alla fine…
Uno dei commenti più comuni sul web a proposito di Malice è il fatto che il primo libro non è bello, ma poi la saga diventa bellissima. Onestamente c’è un problema: non posso leggere più di 700 pagine e dirmi: “Ah, pazienza, tanto i prossimi libri sono belli.”
Conclusioni
Ammetto di essere diventato molto esigente nella lettura di libri fantasy. Questo perché ho avuto il piacere e l’onore di leggere le opere di mostri sacri come: Tolkien, Goodkind, Martin, Sapkowski, Rowling, Lewis, Randall, per cui fatico ad apprezzare autori di livello immensamente inferiore, sotto tutti i punti di vista e che vengono paragonati a questi autori. Probabilmente se Malice avesse ricevuto meno pubblicità e i giudizi fossero stati più oggettivi, non sarei stato così duro.
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io più che un paragone al tuo libro, che non ho letto, avevo subito pensato ai malavoglia
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