influencer marketing

L’influencer è un lavoro? Tutto ciò che c’è da sapere

Non pensavo che sarei mai riuscito a dirlo, ma fare l’influencer non solo è un vero e proprio lavoro, non solo è molto ben remunerato, ma è anche una professione ricercatissima dalle aziende. Tant’è che iniziano a nascere le prime lauree dedicate alla formazione degli influencer del futuro.

Chi è nato prima degli anni 2000, come me, fatica a comprendere la figura dell’influencer, spesso associata a un soggetto che non ha voglia di lavorare e ciononostante guadagna moltissimo.
Non sono qui per giudicare moralmente questa figura, ma per analizzarla e spiegare perché sia davvero possibile lavorare come influencer.

Definizione di Influencer

Volendo intanto definire in parole povere cos’è un influencer: un influencer è una figura in grado di influenzare l’opinione altrui condizionandone le scelte d’acquisto. Questo meccanismo si applica a un vasto numero di individui, ossia il pubblico dell’influencer (i followers).
Se volete trovare delle fonti in merito vi consiglio di leggere questo mio articolo dedicato a uno degli ultimi libri di Kotler, un genio assoluto del marketing.

Già da questa definizione incominciamo a intuire l’importanza dell’influencer marketing nella nostra società, dove le logiche peer to peer (da pari a pari) dominano il mercato, perché gli individui si fidano più dei propri simili rispetto alle pubblicità, che spesso ritengono essere ingannevoli.
Quindi, si fidano di più di un influencer che apprezza un prodotto mostrandolo sui social ed elogiandolo, piuttosto di una pubblicità che evidenzia gli stessi punti di forza del prodotto.
Nella sostanza non cambia niente: sia l’azienda produttrice, che l’influencer, pubblicizzano lo stesso prodotto. Cambia invece la forma. La prima è lontana dal consumatore, che appunto non si fida. La seconda è invece a lui molto vicina.
Il consumatore si fida ciecamente dell’influencer, che ammira e tenta di emulare.

Influencer Meme GIF

La pubblicità occulta online

Ed ecco che è assai più facile che un consumatore acquisti un prodotto sponsorizzato da un influencer piuttosto che da una pubblicità. Ciò è vero specialmente quando gli influencer fanno pubblicità occulta.
La pubblicità occulta ha il vantaggio di non spacciarsi come tale all’interno di una comunicazione, per cui se un influencer afferma che il prodotto da lui provato è formidabile e lo fa in modo apparentemente disinteressato, può ingannare il consumatore.
Questa pratica commerciale è ovviamente sleale, ma tutt’ora manca un insieme di norme severe contro la pubblicità occulta, anche perché è molto difficile riconoscerla (dato che un influencer può affermare di pubblicizzare un prodotto per piacere).
Per questo motivo lo IAP, l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, ha stabilito che una pubblicità è occulta quando c’è un contratto che lega l’influencer e un’azienda.
Potete trovare maggiori informazioni a proposito qui, sul sito dello IAP. Il link rimanda in particolare alla Digital Chart, che regola principalmente la comunicazione commerciale degli influencer.

Ma lo IAP non combatte da solo contro la pubblicità occulta, ci pensa anche l’AGCOM (L’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato), che recentemente ha chiuso la seconda Moral Suasion nei confronti dell’influencer marketing. Ecco la fonte.
La Moral Suasion è un invito a cambiare il proprio comportamento, in questo caso nei confronti della pubblicità occulta. Si tratta di un avvertimento da parte dell’Antitrust per le aziende e gli influencer. L’inadempienza a questo provvedimento da parte loro condurrà senz’altro a multe più o meno salate in funzione della violazione.

Da provvedimenti come questo capiamo l’importanza del ruolo degli influencer e l’efficacia dell’influencer marketing.
Io stesso se fossi un’azienda assumerei un influencer per pubblicizzare i miei prodotti, perché, specialmente se il target è giovane, questo può essere raggiunto attraverso i social e convinto dall’influencer ad acquistare i prodotti (ovviamente senza pubblicità occulta, quindi riportando gli # nei post e nelle storie come #adv #advertising #pubblicità #sponsored ecc.).
Diciamo che se le norme che regolano la pubblicità tradizionale sono presenti da tanto tempo e sono molto restrittive, quelle che regolano l’influencer marketing sono poche e più o meno neonate, visto che questa stessa tipologia di marketing è molto recente.
Pertanto le aziende e gli influencer hanno ancora molto campo libero e tantissimo margine di guadagno.

Per non parlare poi dei costi economici e di tempo: una pubblicità tradizionale costa moltissimo, richiede altrettanto tempo per essere preparata e deve rispettare diverse regole. La sponsorizzazione dell’influencer è veloce, facile e quasi sempre indolore.
Inoltre, come ho detto anche in precedenza, è molto più convincente nei confronti dei consumatori.

Per concludere, la figura dell’influencer è fondamentale e centrale all’interno del marketing odierno. Per quanto criticata, le aziende ne hanno assolutamente bisogno. Probabilmente molte di queste non stimano gli influencer con i quali lavorano, ma gli servono per vendere di più i propri prodotti. E ovviamente agli influencer servono le aziende per guadagnare.

Il sistema può piacere o meno, ma funziona così e non mi stupisco che siano nati i primi corsi di laurea volti a formare nuovi influencer.
Fare l’influencer non è facile, ci sono specifiche tecniche di comunicazione da attuare per fidelizzare il proprio pubblico.
I primi influencer hanno avuto successo quasi inconsapevolmente. Ma ora che il numero di questi soggetti è aumentato, è cresciuta anche la competizione, perché non tutti riescono ad accaparrarsi un vastissimo seguito. Pertanto nasce la necessità di formarsi da un punto di vista professionale.
Ho letto il piano di studi di alcune lauree in influencer marketing e posso dire che insegnano materie molto interessanti e utili per il marketing, come la semiotica. Personalmente non intraprenderei mai un simile percorso perché non mi interessa, ma ne riconosco le potenzialità. Potenzialità di cui si sono rese sia le aziende, che il mondo accademico.

Per rispondere alla domanda che intitola l’articolo: fare l’influencer è un lavoro? Assolutamente sì, gestire la propria immagine sui social con successo è molto più difficile di quello che sembra e inoltre le aziende assumono tale figura.

Penso addirittura che un laureato in influencer marketing, qualora non diventi un influencer, possa essere assunto da un’azienda all’interno di un reparto marketing.
D’altronde il marketing si sta evolvendo, lo stesso Kotler parla di marketing 4.0.
Il cambiamento è cominciato già da un po’, bisogna prenderne atto…

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Al prossimo articolo!

18 commenti

        1. Mi sono scordato di risponderti, scusami.
          Non me lo sono mai chiesto perchè mi ricordo la data, quindi non saprei dirti come si fa. Ho provato a cercare nelle impostazioni e nella sezione admin, ma non ho trovato niente da mobile.
          Se c’è scritto é in quelle due sezioni, altrimenti guarda quando hai scritto il tuo primo articolo!

          Piace a 1 persona

  1. Io non seguo quello che fanno la Ferragni e compagnia bella, non compro i prodotti che vantano sui loro canali (“Striscia la Notizia” ha parlato pochi giorni fa di un sito di vendita fasullo, vantato da vari influencer) e vivo benissimo. Ma il fenomeno non è poi così nuovo: Dalì faceva la pubblicità del cioccolato “Poulain” già negli anni 70-80 e Platini è stato uno dei primi sportivi “testimonial” di pubblicità. Federico, dici che noi blogger siamo tutti influencer? Ho proposto l’acqua minerale “Inchiostronoir*” alla Evian, ma non mi hanno mai risposto…

    *Tutto il buon sapore del nastro di macchina da scrivere, un sapore vintage!

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