Native advertising

Native Advertising: definizione ed esempi

Ultimamente il Native Advertising sta invadendo le nostre vite. Ogni giorno siamo alle prese con questa strategia di marketing ma non ce ne rendiamo conto. La definizione di Native Advertising è molto semplice: si tratta di una strategia di marketing il cui obiettivo è quello di inserire un determinato messaggio pubblicitario in modo tale da renderlo inerente al contesto in cui si trova (native). In questo modo il messaggio pubblicitario viene occultato in funzione del contesto e diventa quindi più efficace, perché l’utente non comprende la natura pubblicitaria del messaggio stesso.

Il Native Advertising si divide principalmente in tre tipi:

  1. In-Feed Units: sono annunci creati appositamente per essere inseriti in un determinato contesto (come un quotidiano online, un social), del quale viene riprodotto l’aspetto.
  2. Paid Search Units: la pubblicità appare fra i primi risultati su una determinata piattaforma, ad esempio Google (i famosi annunci che si vedono ogni volta che si compie una ricerca su Internet).
    Questo tipo di strategia sta perdendo di efficacia, perché gli utenti iniziano a fidarsi poco degli annunci, vedendoli come truffe.
    Se ci pensate, quante volte avete cliccato su un annuncio? Io ad esempio mai.
  3. Recommendation Widgets: sono simili alle In-Feed Units, ma in questo caso un esempio di dicitura che potreste trovare a promuovere una tale pubblicità è “Potrebbe interessarti anche”, oppure “Raccomandato per te”.
    A mio avviso questa strategia di marketing è la più efficace, perché, specialmente nelle testate giornalistiche, sembra che i contenuti proposti appartengano alla testata stessa, quando in realtà si tratta di pubblicità.
    Diverso è proporre dei contenuti correlati alla propria attività, come faccio io sul mio blog, dove alla fine di ogni articolo propongo una serie di articoli correlati, ma scritti di mio pugno.

Queste strategie di marketing sono più che legittime, oltre che molto efficaci.
Tuttavia possono diventare scorrette molto facilmente. In assenza infatti di indicazioni per l’utente, quali ad esempio, “Contenuto sponsorizzato”, questi è tratto in inganno dalla pubblicità, che diventa quindi scorretta.
Esiste un regolamento chiamato Digital Chart e facente parte dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), il quale spiega per filo e per segno in che modo queste strategie di marketing sono corrette e quando invece non lo sono.
In questa pagina potrete trovare direttamente i contenuti relativi al Native Advertising.
Consiglio agli appassionati di marketing, agli addetti ai lavori, di leggere attentamente il regolamento.
Per quanto riguarda i comuni utenti, è possibile segnalare allo IAP le pubblicità scorrette attraverso questo modulo. Purtroppo le pubblicità che non rispettano i criteri indicati dalla Digital Chart sono innumerevoli. Spero che i lettori ignari dell’esistenza del Native Advertising, dopo questo articolo riescano a riconoscere un contenuto sponsorizzato da uno che non lo è. Come detto, teoricamente una dicitura dovrebbe segnalare la pubblicità, ma non è sempre così. Internet è un’invenzione meravigliosa, ma le fregature sono dietro l’angolo.

Per qualsiasi domanda in merito al Native Advertising non esitate a commentare questo articolo!

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9 commenti

  1. Scusami se la mia domanda può sembrare fuori tema, ma c’è una cosa di wordpress che non mi è ancora chiara: i click che appaiono nella pagina di riepilogo si riferiscono a soggetti che cliccano link presenti nel mio blog (per esempio, un link di un’altra pagina wordpress)? Grazie

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    1. Chiedi quello che vuoi quando vuoi, con queste cose ci lavoro!
      Comunque i click si riferiscono a utenti che cliccano un contenuto presente sul tuo sito (quindi creato da te e che porta a siti esterni).
      Se vuoi invece vedere chi visita il tuo sito attraverso fonti esterne devi vedere i “referenti” (direi che sia scritto così in italiano, io ho la versione inglese)

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